“Sentite i ruteni!” oppure il separatismo transcarpatico

Come e per quale motivo si formava il “neorutenismo” moderno

Si sbagliano molto coloro, che credono, che le minacce serie allo spazio etnico ucraino esistono solo nella zona del confine russo-ucraino, perché l’influenza distruttiva delle tendenze della disintegrazione è evidente anche all’ovest estremo dell’Ucraina, nella regione di Transcarpazia. In questa regione lo strumento principale della disintegrazione dell’Ucraina è il “neorutenismo”, una specie di concetto di “novorossia”. L’idea di tale concetto di disintegrare lo spazio etnico ucraino ha unito gli avversari apparentemente inconciliabili: alcuni partiti politici e i movimenti dei paesi vicini del centro d’Europa e sciovinisti russi del tipo Aleksandr Dugin e Konstantin Zatulin; le forze influenti delle diocesi greco-cattoliche e ortodosse (patriarcato di Mosca); i politici e gli uomini d’affari transcarpatici – da un clan conosciuto dei politici fino ai militanti del partito delle regioni e comunisti. Non rimangono estranei nel sostegno del “neorutenismo” anche le strutture delle autorità locali, offrendo il sostegno economico agli eventi dei “ruteni”, mentre il Presidente dell’amministrazione regionale attuale, con gli stivali da generale ancora coperti dalla polvere di Luhans’k, è corso a partecipare all’inaugurazione del festival della cultura rutena “Chervena ruzha”, dove ha tenuto il discorso “un po’ in lingua rutena”, il fatto che ha divertito e ha rattristato molti.

Radice della “diversità”

Il segreto di tale forza di unità del neorutenismo è nascosto dal fatto, che questo concetto conferma non solo la diversità, ma l’esclusività della Transcarpazia rispetto alle altre regioni dell’Ucraina. Il mito dell’esclusività della “novorossia” si basava principalmente sull’idea dell’autosufficienza economica del Donbas (frase “Donbas nutre l’Ucraina”), mentre nella regione di Transcarpazia con il suo potenziale agrario e industriale piuttosto debole, gli autori hanno puntato alla sfera umanistica: la scoperta del nuovo popolo slavo ruteni, la patria del quale è proprio la Transcarpazia e il quale subisce sulle proprie terre un’ucrainizzazione spietata.

Intorno a questa idea ancora alla fine degli anni 1980 si è formato un gruppo degli attivisti di varie professioni, i medici, i funzionari commerciali, gli scrittori, gli ingegneri, i quali nella stampa locale, di preciso nelle testate ufficiali del partito comunista, propinavano l’idea, che gli abitanti autoctoni sia della regione di Transcarpazia, sia delle regioni dei paesi vicini (Slovacchia e Polonia) non sono gli ucraini, ma i ruteni, perché nei tempi presovietici i transcarpatici chiamavano se stessi proprio ruteni oppure russi. Dopo l’unione della Transcarpazia all’URSS tutti i ruteni transcarpatici “in una notte” diventarono ucraini. Il mancato riconoscimento dei ruteni come una nazione a parte, e la loro ucrainizzazione spietata è uno dei crimini del regime totalitario proprio contro i ruteni. A prima vista la tesi così semplice della storia “della nazione rutena” potrebbe sembrare veritiera. Perché a tutti sono noti i crimini dell’URSS contro i tatari di Crimea, i ceceni, e tedeschi di Volga. Quindi, a questa lista delle vittime del totalitarismo bisognerebbe aggiungere anche i ruteni di Transcarpazia, almeno questo lo ripetono di continuo i padri di una nuova “nazione”.

Per iniziare il processo della creazione della nazione i suoi ideologi hanno dovuto svolgere un compito particolarmente complicato: dichiarare errate le visioni scientifiche riguardo all’appartenenza della popolazione autoctona della Transcarpazia storica alla etnia ucraina (si tratta del territorio della odierna regione di Transcarpazia con i territori adiacenti di Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania). Siccome eseguire questo compito usando i metodi scientifici era impossibile, allora è stata scelta una strategia tecnologica, la quale ignora completamente le conoscenze scientifiche, e si basa su un inventario molto vasto dei metodi tecnologici, scelti accuratamente e sistematizzati al fine di raggiungere l’obbiettivo prestabilito.

L’anello iniziale della catena tecnologica della creazione di un’etnia rutena separata era un’interpretazione infondata del processo doloroso della sovietizzazione della Transcarpazia storica, scambiando il termine “sovietizzazione” con “l’ucrainizzazione”. Gli ideologi del neorutenismo affermano che dopo l’unione della Rus Subcarpatica alla Repubblica Sovietica Socialista Ucraina è iniziato il processo spietato dell’ucrainizzazione della popolazione autoctona. A conferma di questa tesi della ucrainizzazione forzata degli abitanti della regione Transcarpatica loro presentano i seguenti fatti. Prima di tutto, tutti gli abitanti della Transcarpazia dell’era cecoslovacca e quella ungherese venivano chiamati ruteni, mentre la direzione della RSSU li ha chiamati ucraini. Secondo, sul territorio della regione di Transcarpazia fu bandita la tradizione locale letteraria e linguistica, al posto della lingua rutena fu imposta la lingua ucraina. Terzo, furono banditi gli attributi principali della cultura spirituale propria dei transcarpatici: la chiesa greco-cattolica fu dichiarata fuori legge, l’attività della maggioranza degli scrittori locali, degli storici e linguisti fu vietata, oppure occultata. Una grande parte dei rappresentanti della chiesa, gli insegnati, l’intellighenzia artistica fu repressa, il periodo si caratterizzò con la pratica di deportazione obbligata della gioventù transcarpatica ai lavori forzati nelle miniere del Donbas.

È vero, che tutti i fatti sopracitati hanno avuto luogo, tuttavia non c’è alcun motivo di considerarli come un’ucrainizzazione della popolazione autoctona di Transcarpazia, perché era una prassi standard della sovietizzazione delle regioni unite all’URSS. La politica della sovietizzazione dell’Ucraina occidentale, come anche della Lituania, Lettonia, Estonia, fu sviluppata non a Kyiv ma a Mosca e la applicavano sotto lo sguardo attento degli organi centrali del partito. Per confermare ciò basta ricordare le misure che accompagnavano l’unione all’URSS delle altre terre ucraine. Così, 5-6 anni prima dei transcarpatici anche gli abitanti della Galizia, e poi della Bukovyna cambiarono le loro etnie dai ruteni agli ucraini. Anche nella Galizia e Bukovyna al posto della lingua letteraria locale fu imposta la versione della lingua ucraina della zona centrale del paese, mentre i dialetti locali furono dichiarati i relitti del passato i quali devono essere estirpati. La chiesa greco-cattolica galiziana fu bandita due anni prima di quella transcarpatica, mentre le repressioni spietate contro l’intellighenzia di Galizia e Bukovyna iniziò dai primi giorni della unione di queste regione all’URSS. Le repressioni da parte degli organi di NKVD e MGB in Galizia e Bukovyna furono molto più dure di quelle in Transcarpazia. Tutti questi fatti sono ben conosciuti agli ideologi del “neorutenismo”, ma il loro scopo non è la ricerca della verità, ma la realizzazione di un’operazione tecnologica ben programmata: sulla base dello scambio dei termini “ucrainizzazione” e “sovietizzazione” creare la base per le operazioni tecnologiche successive per legittimare i ruteni come un’etnia slava separata.

In breve

Il “padre” nominale della nuova etnia slava Paul Robert Magocsi per il suo “figlio” non sceglie un nuovo nome, ma preferisce il vecchio etnonimo “ruteno” /rusyn/, con il quale si chiamavano non solo gli abitanti di Transcarpazia storica, ma fino al XVIII-inizi del XX secolo anche il resto delle terre ucraine: dai principi galiziani Danylo e Roman, i het’man Bohdan Khmelnytskyi e Ivan Mazepa fino a Stepan Bandera. L’autore canadese non spiega in nessun modo come l’etnonimo ucraino “ruteno”/”russo” (rusyn/ruskyi) è finito nella Transcarpazia “non ucraina”. Facendo scelta a favore dell’etnonimo ben conosciuto sia tra gli stessi transcarpatici, sia tra i loro vicini (ungheresi, polacchi, slovacchi) , i creatori della etnia rutena effettuano la seguente operazione tecnologica: ripuliscono l’etnonimo “ruteno”/”russo” (rusyn/ruskyi) dal significato basilare che definisce gli ucraini, e propongono di utilizzarlo solo come il nome degli abitanti di Transcarpazia storica, cioè dei rappresentanti della “quarta etnia degli slavi orientali”. Tale manipolazione antistorica è dettata dalla tecnologia della formazione nazionale di neoruteni: un’etnia inventata deve avere per forza qualcosa di vero, nel caso dei ruteni è il nome. Nello stesso modo agiscono, ad esempio, alcuni produttori disonesti i quali chiamano i loro prodotti “latte”, “burro” o “formaggio”, mentre essi non contengono né latte né butto né formaggio, ma solo l’olio di palma e gli additivi chimici vari.

Il ruolo chiave nel sistema della creazione del mito neoruteno svolge la questione linguistica. Lo statuto speciale dell’aspetto linguistico del mito neoruteno è condizionato non solo dal fatto che proprio la lingua è tradizionalmente un elemento identificativo di un’etnia, ma anche dal fatto che il dialetto sud-occidentale, in particolare “l’area linguistica rutena”, è studiato accuratamente, e nessuno dei noti scienziati né ucraini (Mykhailo Luchkai, Volodymyr Hnatiuk, Yosyp Dzendzelivskyi e altri), né quelli stranieri (Olaf Broch, Dezső László, Zdzisław Stieber e altri) mai ha messo in dubbio l’appartenenza dell’area linguistica rutena allo spazio ucraino. Perciò, gli ideologi del neorutenismo avevano un compito estremamente difficile – contradire alla tradizione linguistica ormai stabilita da anni, la quale nega l’esistenza della “lingua rutena” separata, e dimostrare che tale lingua esiste. A questo scopo loro cercano di comprovare manipolando i fatti la diversità della grammatica, fonetica e lessico dei dialetti del estremo occidente o della tradizione letteraria e linguistica locale. Siccome questo compito non ha nulla a che fare con la linguistica e non fa parte dello spazio scientifico, allora per risolvere il problema gli ideologi del neorutenismo utilizzano coerentemente i metodi tecnologici che solo imitano i metodi scientifici.

L’esempio dimostrativo delle tecnologie manipolative paralinguistiche è la creazione di un gran numero dei vocabolari “ruteni”. Durante l’ultimo quarto del secolo sono stati pubblicati circa 30 vocabolari “ruteni” di vari tipi. Sfogliando in modo superficiale queste edizioni dei vocabolari si nota una grande quantità delle parole (40-70 mila), e non sono stati redatti dai gruppi dei linguisti professionistici ma dalle persone singole. Tuttavia, esaminando meglio i vocabolari “ruteni” si arriva alla conclusione che questi sono i vocabolari ucraini, oppure “ucraino-ucraini”, nei quali solo in parte è presentato il lessico dialettale locale, alcuni relitti della lingua e le creazioni nuove degli autori. Non c’è nulla di strano, perché l’obbiettivo principale degli autori dei vocabolari “ruteni” è di creare i libroni grossi e chiamarli “vocabolari della lingua rutena”. L’obbiettivo principale non è la sostanza di questi libroni ma la loro dimensione. Per allargare il “Dizionario ruteno-russo” fino a più di 58 mila parole il suo autore Igor Kercha inserisce senza alcuna vergogna alle fonti principali del suo dizionario il “Dizionario della lingua ucraina” di Borys Hrinchenko, benché fosse risaputo che in questo dizionario non sono presenti le fonti transcarpatiche. Ancora più sorprendente è l’inserimento alle fonti di tale dizionario “ruteno” i testi di Ivan Franko, in particolare, nella bibliografia è presente il volume n°16 delle sue pubblicazioni a 50 volumi, il quale davvero contiene un racconto “Як Русин по тім світі товкся” /Come Ruteno girovagava nell’altro mondo/, però è difficile considerare questa opera come una fonte del lessico “ruteno”, in quanto si tratta del “ruteno” sbagliato, quello galiziano, cioè un ucraino. Di conseguenza il lessico generale ucraino del dizionario di Kercha compone più di 90%. A proposito, il 90% del lessico ucraino nei dizionari “ruteni” è una specie dello standard della lessicografia “rutena”, più o meno questa percentuale del lessico ucraino viene notata anche negli altri dizionari “ruteni”. Perché solo utilizzando il lessico ucraino si può redigere un dizionario “ruteno” di 50-60 mila parole. Alla fine, non si tratta dei dizionari tradizionali, perché lo scopo principale di tali pubblicazioni non è la documentazione del lessico originale dei transcarpatici, ma con il proprio nome e volume confermare l’esistenza della lingua “rutena” separata.

Gli stessi metodi di manipolazione applicano anche gli autori dell’enciclopedia “rutena”, dei manuali di “lingua rutena” e di “storia dei ruteni”, ma ciò non preoccupa gli ideologi del “neorutenismo”, perché secondo loro è molto più importante il fatto stesso dell’esistenza dei libroni grossi oppure delle pubblicazioni in tanti volumi chiamati enciclopedia, “storia dei ruteni” o dizionari e manuali della “lingua rutena”. Considerando la sostanza tecnologica sia di queste edizioni sia dell’attività di quasi 2 decine delle organizzazioni civiche politiche, di 27 scuole domenicali rutene, il contenuto dei programmi televisivi “ruteni” prodotti dalla Televisione regionale Transcarpatica, è evidente che tutti gli sforzi degli attivisti neoruteni sono diretti non alla conservazione e moltiplicazione della cultura della popolazione locale della regione di Transcarpazia, ma alla creazione e formazione di un’illusione che dietro i Carpazi non ci sono mai stati gli ucraini, perché quella è la terra dei ruteni.

A chi interessa?

Gli sforzi odierni degli attivisti neoruteni sono puntati alla preparazione dello svolgimento del Censimento della popolazione in Ucraina, il quale, secondo i loro conti, dovrebbe dimostrare Urbi et Orbi la quantità della comunità rutena della Transcarpazia. Considerando la pratica diffusa nella regione di corrompere gli elettori, si potrebbe prevedere che lo sforzo per incrementare la quantità dei ruteni ad un numero significativo (nel 2001 sono stati registrati 10 mila ruteni non avrà complicazioni e non costerà tanto alle forze interessate.

A chi fa comodo il movimento ruteno? Agli organi statali di Slovacchia, Polonia, Ungheria e Romania è uno strumento comodo divide et impera, è molto più facile aver a che fare con una minoranza senza uno Stato, venuta dal nulla, che con una parte del popolo vicino di 45 milioni di abitanti. Inoltre, gli attivisti delle minoranze rutene nei paesi del Centro d’Europa hanno una buona possibilità di guadagnare qualcosa con i grant europei del sostegno nelle comunità minoritarie.

Nell’Ucraina la situazione è un po’ diversa. Oltre agli agenti esteri interessati alla spartizione dello spazio etnico ucraino (la loro presenza è stata confermata più volte), la comunità rutena è comoda anche alle autorità transcarpatiche, le quali hanno imparato bene ad utilizzarla come una moneta di scambio nei negoziati con Kyiv. Del tipo, guardate qui abbiamo la radice di instabilità. Voi ci lasciate in pace e loro non alzano la testa, se solo doveste minacciare la particolarità rutena, allora  Transcarpazia avrebbe già una traduzione “rutena” del noto slogan “Sentite il Donbas” – “Sentite i ruteni!” («Учуйте русинов!»).

Liubomyr Belei, “Tyzhden.ua”

17 dicembre 2015

Traduzione di Dana Kuchmash

Fonte: https://zakarpattya.net.ua/News/149255-Uchuite-rusynov!-abo-Ceparatyzm-po-zakarpatsky