“Congelati”. Storie dei bambini che vivono lungo la linea del fronte
01 ottobre 2019
Andriy Dubchak
Sulla linea di contatto, là dove in qualsiasi minuto può arrivare una pallottola o una bomba, a 10 km dal fronte vivono circa 100 mila bambini. In questo reportage il corrispondente militare di Radio Svoboda Andriy Dubchak racconta di come la guerra influisce alla psiche dei bambini e alla loro percezione del mondo.
Progettavo da un po’ di fare un reportage dedicato ai bambini del fronte. Però non sapevo da che parte iniziare, è troppo difficile… Un caso ha voluto che all’inizio del mio viaggio, nella prima intervista, la psicologa da Popasna Liudmyla Romanenko ha iniziato a parlare di questo. Secondo le sue osservazioni una delle conseguenze dei continui combattimenti è un “congelamento” dei bambini, genitori e di tutta la società in generale.
In breve, il “congelamento” significa evitare un problema reale al livello subconscio. La psicologa dice che ciò è una delle caratteristiche principali del disturbo post traumatico da stress (PTSD).
Questo stato influisce allo stato psicosomatico e alla salute in genere. I medici a Popasna negli ultimi tempi documentano un sentito incremento delle malattie oncologiche e dei disturbi psicosomatici sia dei bambini sia degli adulti.
Il “congelamento” viene caratterizzato anche dall’assenza delle emozioni sia dei genitori sia dei figli. In questo stato i genitori non sono in grado di mostrare il loro amore ai figli, non sono in grado di fornire il calore e la sensazione di protezione, mentre i figli non sono capaci di gioire in pieno, giocare, sentirsi al sicuro. Tutto ciò segna e continuerà a segnare la salute mentale dei bambini non solo nelle zone del fronte ma anche nel resto del paese.
Liudmyla Romanenko dice:
www.radiosvoboda.org/a/frozen-children-ukraine-frontline/30189649.html
Osservando i bambini che vivono vicino alla linea del fronte ho notato che i bambini più grandi, i quali hanno assistito alle azioni di guerra già in età cosciente rimangono più traumatizzati rispetto ai bambini nati durante la guerra.
Bambini più grandi hanno un tipo di stress e paure, quelli più piccoli un altro.
I bambini nel centro di riabilitazione Leleka a Popasna
Ecco alcune storie dei bambini che vivono nei pressi della linea del conflitto. Ci soffermiamo sulle storie di alcuni di loro, è un tema molto importante che necessita di essere raccontato.
Zolote-4. Zhora
Zhora ha 4 anni. L’ho incontrato insieme a sua madre vicino al negozio in centro del villaggio Zolote-4, un punto potenziale del ritiro delle truppe. Dietro l’angolo di questo negozio si vede la “casa di Pavlov”, dove inizia la prima linea del fronte.
La casa di Zhora si trova in periferia del paese. La foresta dietro gli orti è stata minata. La madre racconta che in quella foresta sulle mine delle volte saltano in aria i cani e le loro budella poi a lungo rimangono appesi sui rami degli alberi.
Zhora è concentrato, i suoi occhi non sorridono, ti guarda come se ti osservasse.
Heorhiy, 4 anni, Zolote-4. Il punto potenziale del ritiro delle truppe, è la cosiddetta “zona grigia”. 19 settembre 2019.
Non ha voluto parlare con me direttamente, perciò la sua mamma ha fatto da “intermediario” tra di noi:
- Zhorik, ti ricordi quando il nostro cagnolino è stato colpito da due schegge?
- Sì.
- Il cagnolino non è sopravvissuto,- dice la mamma,- ha vissuto 3 mesi e poi è morto… Zhora, racconta al signore quando sparavano. Racconta.
- Loro sparavano quando faceva buio.
- E con cosa sparavano?
Zhora concentrato e con precisione imita i suoni che accompagnano l’uscita, il volo e l’arrivo di diversi tipi d’armi.
Luhanske. Davyd, Vova, Stepan.
La famiglia vive qui dall’inizio del conflitto. Durante gli scontri più pesanti nel 2015 si sono trasferiti per un breve periodo a Kharkiv, ma poi sono ritornati perché qui è rimasto tutto: trattore, campi, proprietà, cani, gatti. La loro casa si trova in periferia del paese, più avanti c’è un posto di blocco dietro il quale ci sono le posizioni delle Forze Armate ucraine.
Qui sparano regolarmente. A volte le bombe arrivano proprio vicino.
David, 10 anni, gioca con il quad comprato dai genitori mentre il piccolo Stepan cerca di raggiungerlo per giocarci anche lui. Non è permesso superare la sbarra, là c’è la prima linea. Luhanske, 20 settembre 2019.
I ragazzi sono molto vispi e irrequieti. Tutto il tempo correvano, cercavano di prendere il cane, poi il gatto, poi scorrazzavano in sella ad un quad. I ragazzi più grandi aiutano molto i genitori a casa. Persino guidano i trattori.
Davyd, 10 anni. Sogna di diventare avvocato e andare al mare. Dietro c’è la recinsione della loro casa, mitragliata dalle schegge delle bombe. Luhanske, 20 settembre 2019
Parliamo con Davyd e gli chiediamo che cosa c’è di interessante nel paese:
- Delle volte, la sera, quando mangiamo l’anguria, si sentono gli spari da quell’altra parte. Gli uni sparano dal BMP, gli altri dal mortaio.
- Riesci a distinguere le armi?
- Un po’. Quando spara BMP il proiettile fischia e brilla. Il mortaio spara forte, poi c’è un po’ di fischio, ma non si vede.
- Fa paura?
- No, ci siamo già abituati. Una volta siamo stati per nove mesi senza luce. I compiti di casa li facevo a lume di candela. Ci nascondevamo in cantina.
Vova, 7 anni, e piccolo Stepan giocano con un cagnolino, Luhanske, 20 settembre 2019.
Vova dice:
- Quando sparavano noi correvamo in cantina. Anche se eravamo con sole mutande addosso. Avevamo tantissima paura. Voglio che guerra finisca e non si ripeta mai più.
Piccolo Stepan imita convinto la camminata di uno zombi. La madre dice che quelle sono le sue serie televisive preferite. Luhanske, 20 settembre 2019.
I ragazzini sono molto comunicabili e curiosi. Percepiscono la guerra come una parte abituale del mondo che li circonda.
Krasnohorivka. Sonia
A giugno del 2015 durante un attacco dell’artiglieria contro Krasnohorivka un’onda esplosiva ha distrutto le finestre della casa di Sofia. Alla nonna che raccoglieva di fretta i viveri per andar a nascondersi in cantina è sfuggita la nipotina di due anni, la quale è caduta giù dalla finestra del quinto piano. Sonia ha avuto le fratture al femore e avambraccio, e il trauma cranico.
Vista sul palazzo a 5 piani dove abita Sofia dall’altro palazzo a 9 piani distrutto dagli attacchi. Krasnohorivka, settembre 2019.
Per fortuna, in quel momento passavano vicino i medici militari i quali, hanno portato la bambina all’ospedale dove l’hanno operata d’urgenza. Le cure sono durate per più di un anno. E ora continua la riabilitazione.
Sonia soffre il ritardo del linguaggio, la vista e il sistema immunitario sono deboli. Quando siamo arrivati la bambina era di nuovo malata.
Sonia, 6 anni, Krasnohorivka
Sonia non ha voluto parlare della guerra. Abbiamo parlato dei cartoni e del suo gatto. Abbiamo ringraziato la sua nonna Svitlana dell’ospitalità e abbiamo proseguito per il nostro viaggio.
Ci ha colpiti l’apatia e l’assenza delle emozioni della bambina. La nonna dice che la maggior parte del tempo lei passa a casa, non le piace giocare fuori. Anche perché qui, nella zona vicino al fronte non c’è tanto spazio per giochi fuori. Dappertutto ci sono le case distrutte e i cumuli dell’immondizia.
Mar’inka. Toma.
A luglio del 2017 le unità russe ibride hanno attaccato Mar’inka con i mortai. Le bombe scoppiavano anche nelle zone residenziali. Quel giorno durante i bombardamenti sono stati feriti tre bambini.
Ivan e Lena ragazzini più grandi andavano al cortile vicino per chiudere le capre. La bomba è scoppiata dietro la recinsione. Ivan è rimasto ferito dalle schegge alla gamba e spalla, altre schegge più piccole hanno colpito tutto il suo corpo. Lena “ha preso” una scheggia alla gamba.
Toma con la coda di una bomba nel cortile vicino dove sono stati feriti la sua sorella e cugino. Mar’inka, 24 settembre 2019.
Toma di 3 anni è stata ferita all’addome dalla scheggia di un’altra bomba sulla soglia di casa sua.
“Papà, guarda il pancino” – abbiamo guardato e abbiamo visto il sangue”, - racconta il padre della ragazzina.
Toma, 6 anni, gioca nel cortile di casa sua a Mar’inka. Da qui si vede Donetsk, le posizioni dei militari sono a poche centinaia di metri.
La scheggia ha quasi bucato la vescica. La bambina ha passato alcune settimane in ospedale. Toma ricorda quel periodo così:
Le posizioni dell’esercito ucraino si trovano a qualche centinaio di metri da casa loro. Lena, la sorella più grande di Toma, chiama le raffiche del mitra “pop-corn” per non spaventare la sorellina.
“Che cos’è? Friggono pop-corn. Dico così per non spaventarla”, - spiega Lena.
I bambini e genitori dicono che ora la situazione è molto più “silenziosa” rispetta agli anni precedenti. Sparano prevalentemente contro le posizioni dei militari, la loro casa non subisce più i danni.
La parete della casa colpita da poco dal proiettile della mitragliatrice del grosso calibro DShK. Toma nel momento dell’attacco giocava nel cortile.
Ricordavano che poco tempo fa c’è stato un boato. Forse è stato un colpo del semovente da sminamento russo Gorynych contro le posizioni dell’esercito ucraino che si trovano vicino. Colpisce il fatto che Toma e gli adulti si sono talmente abituati ai combattimenti intorno a loro che le percepiscono come una parte abituale della loro vita quotidiana.
Toma con la sua bambola. La bambina ama molto i giocattoli. Le abbiamo promesso di portarne uno nuovo la prossima volta
Hranitne. Misha e Stanislav.
Il villaggio è attraversato dal fiume Kalmius sul quale c’è la linea del contatto tra le due parti. Lungo il fiume si trovano le postazioni da combattimento delle Forze Armate ucraine. Gli abitanti locali dicono che nel villaggio quasi non si spara più. “Quasi” è una definizione relativa, perché la preside della scuola locale racconta tranquillamente dell’esplosione di una bomba il 20 settembre in periferia del paese, proprio sulla strada che lei prende ogni giorno per tornare a casa.
“Sono stata trattenuta per un po’ al lavoro, altrimenti non saprei come sarebbe andata…” – racconta Lesia Stepanivna.
All’ingresso di Hranitne. Dalla discesa più avanti cominciano le terre della “DNR”. Hranitne, 25 settembre 2019.
Ogni giorno nove ragazzi e l’insegnante della lingua ucraina Tetiana Viktorivna fanno 4 km a piedi da Staromar’ivka che si trova sul territorio controllato dagli occupanti alla scuola del comune di Hranitne. Insieme all’insegnante la linea del contatto ogni giorno attraversano due suoi nipoti Misha e Stanislav. Misha frequenta il 6° anno, mentre Stanislav fa la 2° elementare.
Li abbiamo incontrati dopo la fine delle lezioni e non abbiamo potuto parlare a lungo perché andavano di fretta a casa. Accompagnandoli al ponticello sul fiume, dietro il quale c’è già il territorio controllato dalle unità della “DNR” abbiamo chiesto i ragazzini della loro vita.
Ovviamente i ragazzini sono spaventati. Delle volte durante il percorso a scuola si sentono gli spari, i bambini si nascondono e cercano di valutare il pericolo e la possibilità di proseguire per la loro strada.
Misha, che è più grande, quando ci ha detto dei suoi sogni si è rattristato e i suoi occhi si sono riempiti di lacrime:
- Voglio che guerra finisca, che ci sia un vero ponte, e che le genti abbiano un lavoro.
Tetiana Viktorivna ci ha chiesto di non approfondire altrimenti il ragazzino scoppia in lacrime. Ha spiegato: dopo l’inizio della guerra il padre del bambino ha perso lavoro. La guerra per tutta la famiglia non è solo i bombardamenti, il percorso vicino alle postazioni militare e attraverso i campi minati, ma anche la povertà e miseria.
Misha, Stanislav e la loro zia, l’insegnante Tetiana Viktorivna davanti al ponticello sul fiume Kalmius. Il ragazzino alla fine è scoppiato in lacrime per le nostre domande.
È difficile immaginare cosa succede con la psiche dei bambini i quali tutti giorni sono costretti a vivere le situazioni pericolose per la vita. Tuttavia, il pericolo è anche per le loro anime, al tutto si aggiunge anche la potente pressione ideologica della propaganda russa.
I ragazzini e la loro zia Tetiana Viktorivna si spostano sul territorio occupato della “DNR”. Hranitne, 25 settembre 2019
Pavlopil’. Sabrina
La famiglia di Sabrina di 7 anni vive a Pavlopil, un comune nei pressi del fronte. Dietro gli orti c’è un campo, dietro il campo ci sono le posizioni delle Forze Armate Ucraine. Qui sparano un giorno sì un giorno no.
La famiglia ha tre figlie. La maggiore è già adulta e vive da sola, altre due vivono con i genitori. Hanno una piccola fattoria con maiali, anatre, polli, nutrie, e grazie a questo sopravvivono. I genitori non hanno lavoro. Secondo la madre di Sabrina, Maria Chumak, lo stato non aiuta per niente.
Sabrina, 7 anni, mostra i suoi animali. Pavlopil’, 25 settembre 2019.
Il padre si è ammalato di diabete provocato da continui stress. La malattia che progredisce gli ha provocato un distacco della retina a entrambi gli occhi, perciò ha perso quasi del tutto la vista. La famiglia ha bisogno dei soldi per l’intervento chirurgico ma non sanno dove cercarli. Lo stato non gli ha concesso neanche un sussidio.
Sabrina nel cortile di casa sua con le finestre chiuse da mattoni a causa di continue esplosioni. Pavlopil’, 25 settembre 2019
Già da qualche anno Sabrina ogni sera prega prima di dormire, lei crede che la sua preghiera allontani le bombe da casa loro.
È raccapricciante sentire una bambina di 7 anni dire la preghiera che deve “difendere di notte contro la bomba cattiva”.
PTSD della società?
Più tardi parlando con i colleghi abbiamo capito che non solo i bambini e gli adulti della zona del fronte sono “congelati” m anche tutto il paese.
Si dice che la società “si è stancata” della guerra perciò evita di parlarne. Questo stato parzialmente si può spiegare davvero con una “stanchezza” della guerra, stanchezza dell’instabilità e dell’insicurezza di un futuro. Parzialmente si spiega dalle influenze ibride della Russia e dai suoi tentativi di “pacificare” e “depolitizzare” tutta la popolazione, per distruggere qualsiasi possibilità di opporsi. Parzialmente si spiega da un globale PTSD della società la quale, non si aspettava per niente una tale svolta.
Considerando i fatti vediamo che i “bambini della guerra” oggi sono molti di più rispetto a quelli definiti dalla legge. A partire dal 2014 in Ucraina ci sono i bambini che vivono in guerra: feriti, spaventati, orfani. I bambini che vivono nel mondo ibrido e contorto delle “repubbliche”. Centinaia di migliaia di bambini i quali insieme ai loro genitori sono diventati rifugiati, hanno perso la loro casa, la loro piccola patria, i loro amici.
Dopotutto sono i bambini del paese i quali sanno molto bene che la guerra e morte siano la realtà quotidiana.
Sabrina piange quando la mamma racconta della guerra e della miseria. Pavlopil’, 25 settembre 2019
Traduzione di Dana Kuchmash