Comandante del plotone Oleksandr Zozuliak: “Quando il carro armato nemico mi è passato sopra per una seconda volta, io non riuscivo a capire, perché sono ancora vivo”

Mi sono buttato direttamente sotto il carro armato, mi sono girato nell’aria e sono caduto al fianco sinistro, con la mitragliatrice nella mano destra e il ricetrasmittente in quella sinistra. I nemici hanno visto buttarmi sotto il loro veicolo, così loro hanno girato la macchina e con il cingolo destro sono passati sulla trincea, tentando di schiacciarmi. Il tank è passato sopra il braccio e la gamba sinistra, cioè sopra tutto il lato sinistro del corpo. Il mio elmetto è volato via, e anche i miei stivali. Il veicolo si è fermato e poi con la retromarcia mi ha investito un’altra volta. Sono finito sotto. Il cingolo passava proprio vicino alla mia testa. Ma io ero completamente cosciente, cioè provavo, sentivo e vedevo tutto.

Quando ho aperto gli occhi, ho capito che essi guardavo ai lati diversi. Ho pensato, che fosse la fine. Ma quando il carro armato mi è passato sopra per una seconda volta, io non riuscivo a capire perché sono ancora vivo, e ho pensato, se provo ancora il dolore, allora sopravvivrò.

Io sono nato nella regione di Chernivtsi, e ultimamente ho vissuto a Chernivtsi. Lavoravo in proprio. Quando ad agosto mi hanno mobilitato, sono capitato nella 128° brigata, 15° battaglione di fanteria da montagna.

A settembre ci hanno inviati al villaggio Zolote. Era dura, perché eravamo appena arrivati alle nostre postazioni e da subito hanno cominciato a bombardarci. Non abbiamo fatto in tempo né di costruire le trincee né di stabilirci. Abbiamo dovuto da soli, sotto le bombe, a scavare le trincee e sistemarci.

A Zolote siamo stati per un mese, dopodiché siamo stati spostati a Debal’tseve, da lì verso il villaggio Luhans’ke, e poi alla postazione, che chiamavamo “Valera”, è un’altezza di 307,5 metri. Questa altezza si trova tra Troitske e Debal’tseve. Dietro di noi c’era Horlivka, mentre davanti avevamo le postazioni nemiche. Io all’epoca ero un tenente anziano, mentre la mia mansione militare era il comandante del plotone della batteria di mortai. Tuttavia, in quell’altezza svolgevo il ruolo di osservatore e puntatore dell’artiglieria della nostra brigata e di quelle vicine 25° e 26°. Parallelamente svolgevo anche il ruolo del comandante, perché i miei ragazzi erano lì con me. Mi hanno trasferito là provvisoriamente, ma noi ci siamo stabiliti e siamo rimasti nella postazione fino a gennaio. All’inizio la situazione era tranquilla, ci bombardavano di rado. Però, da gennaio sono iniziati i bombardamenti intensi. E a cominciare dal giorno 20 subivamo le bombe ogni giorno da diverse direzioni. Mentre il 23, 24, 25 gennaio il nemico ha iniziato un attacco con i carri armati. Loro volevano irrompere in questa postazione e presidiarla. Il 23 gennaio noi li abbiamo respinti, senza perdite e senza feriti da parte nostra e persino abbiamo catturato un carro armato come trofeo, e anche il 24 gennaio siamo riusciti a mantenere la nostra posizione.

Dal 25 gennaio il nemico ha effettuato tre attacchi nei nostri confronti. Due dei quali siamo riusciti a respingere, mentre durante il terzo siamo stati aggrediti da 5 carri armati e un autoblindato BMP. Si può dire che anche in questo caso siamo riusciti a respingere l’attacco, ma eravamo al limite. Per questo ci schiacciavano letteralmente, e i nostri hanno dovuto ritirarsi. Nella postazione non è rimasto praticamente nessuno.

Quel giorno tutto è iniziato verso le 7 di mattina. Il nemico ci bombardava da tutte le direzioni, utilizzando i mortai, l’artiglieria semovente, i “Grad”. Per due ore ci coprivano con il fuoco, dopodiché hanno lanciato in attacco i carri armati. Volevano irrompere dal fianco sinistro, ma hanno fallito. Io ho tagliato fuori la loro artiglieria e loro hanno ripiegato su villaggio Sanzharivka. Per un po’ di tempo la situazione si era calmata, ma dopo è iniziato un continuo bombardamento durato 2 ore da parte loro. E un nuovo attacco. Noi li abbiamo respinti per una seconda volta, ma verso le 2 di pomeriggio, hanno iniziato il terzo bombardamento, tentando di creare i passaggi. Loro pensavano che noi avessimo i campi minati vicino al fiume Sanzharivka. Quando una colonna di 10 carri armati e BMP ha sfondato le difese, noi la vedevamo bene, loro passavano parallelamente alla nostra altezza, lungo il fiume. Cinque di essi hanno proseguito, altri cinque si sono girati verso di noi. Io comunicavo via ricetrasmittente, della colonna dei mezzi, ho fornito anche le coordinate, ma i mezzi andavano a piena velocità, perciò con l’artiglieria era difficile colpirli. Avevo capito, che in questo caso si può solo chiamare il fuoco su se stessi. Noi avevamo solo un carro armato e 3 BMP, solo uno di quei BMP era funzionante. Tutti noi siamo entrati nelle trincee, mentre le trincee avevano la profondità fino al ginocchio, perché la postazione si trovava nella zona rocciosa, era impossibile scavare le fosse più profonde. La lunghezza delle trincee era circa 90 metri, ma non erano continue, alcune aree erano piene di neve. Per combattere i carri armati noi avevamo solo 2 sistemi missilistici anticarro, 2 lanciagranate propulse anticarro RPG e i lanciagranate usa e getta. Pensavo, loro volessero solo saltare sopra di noi, perché era la variante migliore, passare saltando le trincee e poi aprire il fuoco da dietro, uccidendo tutti. Tuttavia, il primo carro armato, che ho visto, ha aggirato la nostra postazione da sinistra e voleva avanzare verso di noi, ma noi siamo riusciti a colpirlo. Anche l’altro tank ci ha aggirati da sinistra e ha iniziato a passare sopra le trincee. Questo carro armato davanti ai miei occhi ha investito in pieno tre nostri ragazzi ricognitori, i quali erano arrivati per aiutarci: uno di loro era il tenente anziano e comandante del plotone, altri due erano i suoi subordinati. Tutto ciò è successo in pochi secondi, perché il tank avanzava a velocità massima.

Il nemico avanzava verso di me, puntandomi addosso la mitragliatrice, con un cingolo dentro la trincea e con l’altro sulla fortificazione. Ho iniziato a valutare le varianti: se mi metto a correre in avanti, il tank mi spara; uscendo dalla trincea non avevo alcuna chance, perché anche lì avanzano altri carri armati e sempre da lì stava arrivando la fanteria. Unica possibilità era di saltare sotto il carro, infilandomi tra i cingoli, nello spazio che avevo adocchiato e dove potevo starci.

Io avevo la mitragliatrice, la quale ho preso al posto del mio mitra. Ma quella non era lubrificata, oppure non era pulita. A malapena sono riuscito a caricarla e a sparare una serie di colpi, prima che si inceppasse. Mi sono buttato direttamente sotto il carro armato, mi sono girato nell’aria e sono caduto al fianco sinistro, con la mitragliatrice nella mano destra e il ricetrasmittente in quella sinistra. I nemici hanno visto buttarmi sotto il loro veicolo, così loro hanno girato la macchina e con il cingolo destro sono passati sulla trincea, tentando di schiacciarmi. Il tank è passato sopra il braccio e gamba sinistra, cioè sopra tutto il lato sinistro del corpo. Il mio elmetto è volato via, e anche i miei stivali. Il veicolo si è fermato e poi con la retromarcia mi ha investito un’altra volta. Sono finito sotto. Il cingolo passava proprio vicino alla mia testa. Ma io ero completamente cosciente, cioè provavo, sentivo e vedevo tutto. Quando ho aperto gli occhi, ho capito che essi guardavo ai lati diversi. Ho pensato, che fosse la fine. Ma quando il carro armato mi è passato sopra per una seconda volta, io non riuscivo a capire perché sono ancora vivo, e ho pensato, se provo ancora il dolore, allora sopravvivrò. Sono stato salvato dal mio giubbotto antiproiettile e dalle mie ginocchiere. Mi dispiaceva, che non avevo con me gli analgesici. Anche se il braccio destro era fratturato ed era improbabile che io potessi farmi una puntura di medicinali. Quando sono capitato sotto il carro armato, la cintura della mitragliatrice si è incastrata nel cingolo e mi ha rotto il braccio destro. Ora nel braccio ho una piastrina di titanio e 7 viti. Mentre il braccio sinistro era completamente frantumato. Inoltre, nell’ospedale hanno scoperto che avevo 3 fratture al bacino, le ustioni, le rotture dei muscoli e i muscoli strappati. Il ginocchio si è salvato, ma la caviglia era rotta, e poi avevo anche tre fratture al piede, e le ferite al fianco sinistro.

La gamba destra era integra, così ho tentato di usarla per dissotterrarmi, ma non avendo gli stivali era un’impresa difficile. In ogni caso, il carro armato mi ha stretto le ferite, svolgendo il ruolo di un laccio emostatico, perciò non mi sono dissanguato, perdendo però una grande quantità di sangue. Se questo carro non mi avesse visto e non si fosse fermato sopra di me, probabilmente avrebbe ucciso i ragazzi rimasti in quella postazione.

In quel momento era in funzione solo la logica e l’istinto di sopravvivenza. Mentre la paura era sconfitta ancora a Zolote, mi sono semplicemente rassegnato alla morte, tutto qui. Cioè mi sono convinto, che la morte non è il peggio, che mi può capitare.

Il peggio è perdere la propria unità militare, soprattutto se la colpa fosse mia; questa era la mia più grande paura, ma non la morte. Perciò, quando ero sotto il carro armato, pensavo ai miei ragazzi, mi preoccupavo se fossero tutti vivi. Durante il periodo delle azioni di guerra io non ho perso neanche uno dei miei combattenti, intanto tutti i feriti sono ritornati a combattere.

In quella posizione, sotto il veicolo nemico, sono stato circa una mezz’ora. Quando il carro armato si è fermato sopra di me, i nostri hanno cominciato a colpirlo con RPG. Il tank girava la torretta, ma ha aperto il suo punto debole, così uno dei nostri soldati è riuscito a centrarlo. Khalilov Ruslan è un mio ragazzo, lui si è avvicinato al tank e ha lanciato dentro 2 bombe a mano RGD-5, l’autista-meccanico l’hanno tirato fuori e l’hanno imprigionato solo quando sono arrivati i rinforzi. Ruslan con la mitragliatrice si difendeva dalla fanteria che avanzava subito dietro i carri armati. Lui tentava anche di tirarmi fuori, anche se non sentiva quello che gli dicevo, perché era fortemente contuso. Lui ha pensato, che fossi morto, ma continuava comunque a tirarmi, senza successo, perché il corpo era incastrato così che per liberarlo bisognava solo dissotterrarlo. Ruslan ha dovuto ritirarsi, quando i separatisti hanno centrato il raccoglitore della sua mitragliatrice e lui non aveva più armi per difendersi.

Il terso carro armato è avanzato da destra. È passato oltre le nostre postazioni ed è entrato nella nicchia, che tenevamo per le macchine, e proprio là i nostri l’hanno colpito. Il tank è bruciato insieme al nostro autocarro Ural, che si trovava dentro la nicchia. Altri due carri armati sono fuggiti, quando sono arrivati i rinforzi. Era già quasi sera, quando i ragazzi mi hanno raggiunto. Il granatiere Borys insieme a me si trovava nella postazione e mi ha visto sotto il carro armato. Ma quando sono arrivati i nostri, lui ha pensato che fossero i nemici, così ha iniziato a ritirarsi. Loro l’hanno visto e l’hanno raggiunto, all’inizio lui ha alzato le mani, pensava di arrendersi. Quando si è reso conto che si trattava dei nostri, lui li ha mostrato dove mi trovavo. Il carro armato è stato spostato, mi hanno messo su una tenda impermeabile, mi hanno fatto una puntura di analgesico, mi hanno portato alla macchina e hanno fatto un’altra iniezione dell’analgesico. E solo allora ho perso i sensi. Dopodiché mi hanno portato ai nostri, alla nostra batteria di mortai, che si collocava a 3 km da quella postazione. All’inizio non mi hanno riconosciuto, pensavano io fossi un separatista. Ero coperto di fango e sangue, il lato sinistro del corpo era strappato. Però, hanno trovato i miei documenti e mi hanno trasportato all’ospedale militare di Artemivs’k.

In totale, in quella postazione sono caduti 7 nostri uomini. I separatisti hanno chiamato quella altezza “Stalingrad”, perché hanno lasciato lì tante delle loro forze.

Ora, dopo essere stato ferito, devo fare ancora la riabilitazione, devono mettermi una protesi.

Però, se ci sarà un’occasione io sicuramente tornerò a svolgere i miei doveri, tornerò dai miei ragazzi, che mi stanno già aspettando. Anche se senza un braccio e con la gamba conciata così sarà piuttosto difficile superare la commissione, ma spero di riuscirci e sentirmi di nuovo completo e utile.

Mi sento più forte ora, la guerra mi ha reso più robusto. Ho dovuto comandare e fornire le coordinate, ma non è così facile, tu devi essere convinto al 100%, che le tue coordinate sono corrette. Per evitare le perdite tra i civili, un artigliere deve essere preciso.

Noi dobbiamo difendere la nostra terra, perché se il nemico dovesse occupare le regioni orientali, andrebbe avanti, raggiungendo le nostre terre, così dovremmo fermarlo già a casa nostra. Io personalmente sono andato in guerra per poter difendere i miei cari da tutti questi separatisti.

A Oleksandr Zozuliak è stata conferita un’onorificenza “Per il coraggio” di III grado, perché ha contribuito a mantenere la postazione e ha salvato il proprio plotone.

Intervista di Vika Yasynska

Fonte: https://censor.net.ua/resonance/337219/komandir_vzvodu_oleksandr_zozulyak_koli_vorojiyi_tank_prohav_po_men_vdruge_ya_ne_mg_zrozumti_chomu_sche

Traduzione di Dana Kuchmash